TESTIMONIANZA SU NUCCIA TOLOMEO
di Rita Rocca (l’amica del cuore)
Se si ha la fortuna di conoscere una persona che ha sofferto e che anche con la
sofferenza ha saputo crescere, si può capire fino in fondo quale dono possa essere la
sofferenza. Soffrire è come imparare una lingua, è ritrovarsi in una dimensione di vita che,
seppur faticosa, ha in sé una ricchezza da scoprire, da vivere, da comunicare. L'aver sofferto
significa, infatti, poter comunicare cuore a cuore con chi soffre, è conoscere il linguaggio
della sofferenza. Avere dentro l'esperienza della sofferenza è un dono prezioso per
comprendere e condividere con i fratelli la loro sofferenza, piccola o grande che sia.
Nuccia, la mia amica per eccellenza, aveva fatto questa esperienza e proprio nella
sofferenza aveva trovato una risposta e un senso alla sua vita. Quando stava molto male,
durante gli ultimi giorni della sua esistenza terrena -era in coma- sono passata da casa sua e
sul mobiletto, dove lei teneva i suoi libri, ho trovato un foglietto con una frase scritta da lei,
l'ho preso per leggerlo e c'era scritto: "La sofferenza è scuola d'amore, perché chi soffre
impara ad amare e chi ama impara a soffrire". Ho rivisto così come in un film la mia amicizia
con lei, le sue parole, i suoi insegnamenti, il suo sorriso dolcissimo, i nostri incontri che
terminavano sempre con delle preghiere.
Quando l'ho conosciuta ho subito pensato che avevo di fronte una persona speciale,
traspariva in lei una grande gioia di vivere e considerava davvero la vita come dono di
Dio. Per questo si abbandonava con fiducia e spirito di sacrificio alla Provvidenza.
Cominciai così a frequentare la sua casa. Ogni volta che la vedevo, provavo una grande gioia,
perché con le sue parole giuste al momento giusto, i suoi sorrisi, la sua voce, riusciva a
comunicare agli altri la forza necessaria per superare qualsiasi problema. Erano tante le
persone che frequentavano la sua umile casa, corredata del puro necessario e con tutti
riusciva ad avere un rapporto unico, speciale. Aveva sempre una parola buona per tutti, aveva
la capacità di interiorizzare gli altrui problemi e di farli suoi, ma la cosa più importante era che,
quando andavamo via da casa sua, ci sentivamo alleggeriti, fiduciosi, perché avevamo la
certezza di essere stati compresi con il cuore. Capire con il cuore chi attraversa dei brutti
momenti, è come regalare fiducia e amore per far nascere nuovamente queste persone. Aprire il
cuore alla fiducia è come far comparire il sole nella vita di una persona. Nella sua relazione con
gli altri e nel suo operare per il mondo, Nuccia accoglieva veramente il vangelo e modellava su
di esso la propria esistenza. Grazie alla sua fede profonda, all'amore che provava per Gesù, il
suo essere nel mondo diventava un essere per il mondo. Non c'era in lei, infatti, una
divisione fra esperienza di Dio e apertura al mondo, fra condizione spirituale e impegno verso
gli altri. Il suo più grande desiderio o scopo, che scaturiva dal suo intimo con la chiarezza di
una volontà indirizzata, era quello di incamminare il mondo verso Dio senza lasciarsi
turbare da alcuna delusione.
Consapevole di questo ha accettato con gioia di parlare ai fratelli carcerati tramite
Radio Maria e di instaurare con essi uno scambio epistolare molto intenso anche se tutto ciò le
costava fatica per le sue condizioni fisiche.
Anche i giovani erano sempre al centro dei suoi pensieri, nelle sue intenzioni di
preghiera perché pensava che frastornati dai troppi rumori del mondo, rischiavano sempre più di
divenire incapaci d'accogliere le melodie evangeliche che elevano, liberano e danno le sole
motivazioni di vita. L'amore verso il prossimo si può dire che era la caratteristica di
Nuccia. La sua carità nasceva dalla continua unione con Dio in ogni ora della giornata.
Chiunque trattava con lei capiva che il principale movente di ogni sua opera era la gloria di Dio
e la speranza del cielo. Molte volte mi diceva: "Parla spesso ai bambini di Gesù e di Maria (io
sono insegnante di religione) e fa che ne restino innamorati". Cercherò di mettere in pratica i
tuoi insegnamenti, Nuccia, amica del cuore (come tu stessa mi definivi), sorella e maestra di
vita. Ti ringrazio perché con la tua amicizia hai allietato tantissimi anni della mia vita. Continua
ad essermi vicina; io farò come tu mi hai detto, ti troverò nei miei ricordi e sorriderò con te e per
te, perché ho la certezza che ti starai rotolando nei prati verdi, quei prati che sempre nominavi
nei nostri discorsi. Penserò a te guardando un nido di rondine, una farfalla o il cielo stellato e,
come te, voglio ringraziare il Signore per queste meraviglie che ha dato a noi uomini, di fronte
alle quali il nostro atteggiamento più diffuso è lo stupore.
Signore, Tu hai visto la mia sofferenza, per la morte di Nuccia. Non Ti chiedo perché
me l'hai tolta, ma ti ringrazio perché me l'hai data. Il solo conforto che provo nella sua perdita è
che Tu l'hai accolta nelle braccia della tua misericordia.
Catanzaro 1997 - Rita Rocca
TESTIMONIANZA SU NUCCIA TOLOMEO (a voce)
di Michele Merola (marito di Rita Rocca)
Sono contento di potere parlare di Nuccia. Ella è stata una gioia immensa. Pensandola,
a 10 anni dalla morte, sembra che la sua presenza sia sempre viva e quotidiana. La penso e la
chiamo a sostenermi nei momenti di difficoltà, perché so che Nuccia ha sempre avuto questa
attenzione. Pensandola su una sedia a rotelle, in quella casa molto semplice, impossibilitata a
muoversi e obbligata a stare sempre li dov’era,… la sua grandezza era questa: lei attraverso i
fili del telefono e la preghiera era dappertutto. Nuccia era presente in ogni casa. Io sono
testimone del fatto che le persone sofferenti andavano da lei per essere confortate. Mentre
noi tante volte siamo abituati a piangerci e abbiamo il bisogno di essere sostenuti da qualcuno,
lei non ha mai indugiato su questo, anzi lei ha avuto la forza di entrare dentro di noi e
sostenerci. Questo è qualcosa di grande. Solo una donna eccezionale, una piccola grande
donna poteva fare questo.
Catanzaro 5/11/2006